Sonia, Margherita, Maya, Giuseppe, Federico, Francesca, Manuel e Ginevra. Alcuni di loro sono bambini, altri quasi ragazzi. Ciascuno di loro ha una storia diversa da quella degli altri, così come diversa è la quotidianità. La loro e quella delle loro famiglie. Ad accomunarli è una malattia rara, che si chiama Trisomia 9 a mosaico, ancora poco conosciuta e studiata: a oggi, in Italia, esistono 11 casi segnalati, e 12 strutture mediche e di ricerca che ne se sono occupate, tra Firenze, Nizza Monferrato, Genova, Trieste, Bologna, Salerno, Siena, Palermo, Modica e Treviso.
“Io sono” è il libro fotografico (il primo) che raccoglie le storie di questi otto bambini e ragazzi affetti da trisomia 9 a mosaico, attraverso il filo conduttore narrativo della quotidianità, tra parole e scatti fotografici. In bianco e nero. Intimi e delicati, brutali e lievi al tempo stesso.
Ne abbiamo parlato con gli autori Martina Biagi, cugina di Sonia Matteini, la prima bambina del libro, e autrice dei testi, ed Emiliano Cribari, fotografo.
Come è nato e si è sviluppato il progetto Io sono?
L’idea è venuta a Martina. Insieme adEmiliano, fotografo, abbiamo deciso di raccontare la storia di Sonia e degli altri casi di trisomia 9 a mosaico che sono riusciti a rintracciare sul territorio nazionale, nel tentativo di conoscere meglio questa sindrome. Andando al di là dei referti medici, per capire di cosa fosse fatta, concretamente, la vita di chi la trisomia 9 a mosaico la vive nel quotidiano. Movimenti, sguardi, abitudini, ritualità dovute alla cura, felicità e tristezza, coraggio e sconforto. E anche solitudine. Perché, l’ha spiegato bene la mamma di Sonia, “quando capita, nemmeno i medici sanno dirti come sarà”.
La ricerca è molto complessa, in quanto si tratta di una malattia rara, di cui al momento sono segnalati soltanto undici casi in Italia Attraverso il racconto del nostro viaggio verso queste persone, alle quali abbiamo chiesto di condividere la propria esperienza, abbiamo portato alla luce le difficoltà nel reperimento d’informazioni in merito a questa sindrome e la relativa fatica nella ricerca di casi similari con i quali almeno comparare le proprie impressioni e preoccupazioni. Abbiamo fatto un crowdfunding e alla fine siamo riusciti a realizzare un libro, un diario lirico e tecnico insieme, che rivendica la presenza di questi bambini e delle loro famiglie, e fornisce materiale d’informazione utile a chiunque si trovi a dover affrontare la stessa situazione. Affinché ogni volta non si debba necessariamente ripartire da zero”. Il libro “Io sono” si può acquistare online tramite il sito del progetto, alla pagina https://www.iosonoproject.com/copia-di-trisomia-9-a-mosaico
Perché avete scelto il titolo “Io sono”?
Abbiamo riflettuto a lungo sul titolo. E nel farlo ci siamo concentrati sullo scopo del progetto stesso, sul bisogno primario che ci aveva mossi.
E siamo arrivati al dunque, cioè alla persona. Io sono Sonia, questa è la mia vita.
Il racconto tratta sì, di una tematica complessa come la trisomia 9 a mosaico, ma lo fa parlando del quotidiano e delle vite di questi bambini e dei loro familiari, i quali a loro volta sembrano sparire agli occhi degli altri.
Dunque "Io sono" parla di tante persone, tante identità diverse. Rivendica la loro presenza. È stato nel contempo un modo per conoscere altri e conoscere più a fondo anche noi stessi.
Ritieni che il vostro libro potrebbe avere un impatto anche sulla relazione medico-caregiver?
La nostra speranza è che sia così. Abbiamo raccolto testimonianze di genitori che nella maggior parte dei casi ci hanno raccontato un rapporto estremamente complesso con i medici.
C'è una grande difficoltà di comprensione: dal punto di vista medico la trisomia 9 a mosaico è pressochè un mistero. Niente di più che una formula genetica, senza un piano terapeutico consolidato dai numeri.
Ma al di là di questa oggettiva complicazione, ciò che si riscontra in questi racconti è la sostanziale freddezza, la grave mancanza di empatia e la superficialità nella consegna di refererti. Si parla di fogli lasciati in un corridoio, di silenzi e di sentenze enunciate con ostentata sicurezza, quando in realtà la storia clinica ci porterà in altre direzioni.
Non è un'accusa, certo. Ma sicuramente salta all'occhio la sproporzione rispetto ai pochi casi in cui, di fronte ad una spiegazione, a un gesto di conforto, il genitore è stato guidato nell'accettazione della condizione del proprio figlio e nella consapevolezza di ciò che sarebbe stata la loro vita.
A partire dal 2 dicembre (prima data, alla sala Firenze Capitale in Palazzo Vecchio), “Io sono” è anche protagonista di un tour in varie città d’Italia, che durerà fino all’estate e toccherà librerie, biblioteche, locali, scuole e spazi culturali, per farsi conoscere. Come progetto, come mostra fotografica anche come “stile” di raccontare se stessi e le situazioni che ci circondano. Tra parole e immagini.
La realizzazione di “Io sono” è supportata dall'associazione culturale Arci iVisionaria, di cui Martina Biagi è uno dei soci fondatori, che si occupa di promuovere importanti progetti di interesse culturale e sociale attraverso la sua specifica attività nell'ambito del racconto fotografico e video.