Progetti riabilitativi in oncologia: quando il paziente è parte della soluzione
A cura di Redazione
Pubblichiamo un estratto dal nuovo libro "La medicina narrativa strumento trasversale di azione, compliance e empowerment" curato da Marilena Bongiovanni, Presidente Nazionale ANGOLO Onlus e membro del Direttivo SIMeN, insieme a Pina Travagliante è professore ordinario di Storia del pensiero economico presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’università di Catania e vicepresidente dell'Associazione ANDOS di Catania.
Progetti riabilitativi in oncologia: quando il paziente è parte della soluzione
di Marilena Bongiovanni
[...] Da molti anni le associazioni di pazienti sollecitano un riconoscimento della peculiarità della riabilitazione oncologica che comprende vari ambiti, da quello psicologico a quello fisico della riabilitazione motoria e nutrizionale.
Le associazioni di volontariato svolgono un ruolo importante nell’ambito peculiare del soddisfacimento, sotto varie forme e modalità, dei bisogni dei pazienti ma sono determinanti anche nel restituire centralità al punto di vista dei pazienti nelle varie problematiche che si affrontano nel percorso di cura.
I bisogni riabilitativi in oncologia, così come sono stati ridefiniti, non sono un ritorno ex-ante, ma sono mezzi terapeutici rilevanti per affrontare il percorso di cura, per accompagnare e sostenere nella fase del follow-up, per l’adattamento alla cronicizzazione e importante strumento anche nella fase palliativa.
La riabilitazione oncologica è un insieme ampio e differenziato di pratiche (riabilitazione psicologica, nutrizionale, motoria) che si focalizza nell’attenzione per l’individuo nel suo complesso, per il suo benessere psicofisico, progressivamente valutato con la dovuta attenzione anche dagli oncologi, non più solo orientati ai risultati finalizzati alla rimozione della malattia, ma interessati a sviluppare aspetti che hanno una notevole incidenza sulla qualità della vita durante e dopo le cure, oltre che sulla capacità di adattamento e di adesione alle cure da parte del paziente.
Narrative Based Medicine
Secondo David Sackett e colleghi, fondatori dell’Evidence Based Medicine (EBM), essa è “l’uso scrupoloso, esplicito e critico della miglior prova disponibile nel prendere decisioni riguardo alla cura dei singoli azienti” e tende a standardizzare e ottimizzare le procedure di scelta medica. Ma oltre alla gerarchia delle evidenze, cioè miglior letteratura accompagnata all’intuito clinico, l’Evidence Based Medicine indica chiaramente un secondo principio fondante, stando al quale, qualunque sia l’evidenza, valori e preferenze del paziente sono in realtà impliciti in ogni decisione clinica.
Nel tempo si è però potenziato il concetto di efficacia, ottenibile solo dalla corretta interpretazione della letteratura e dall’utilizzo della tecnologia, a spese dell’intuito clinico e delle preferenze dei pazienti.
È mancato l’intuito o la volontà, come diceva Alessandro Liberati, di tenere uniti i tre fattori dell’EBM: le migliori evidenze disponibili, la scienza e coscienza del clinico e le preferenze dei pazienti. Preferenze e interessi dei pazienti che siano in cima alle priorità che influenzano le scelte della ricerca scientifica. Perché “molto più dei medici, i pazienti capiscono la realtà della loro condizione,l’impatto della malattia e delle terapie nelle loro vite e come i servizi potrebbero essere migliorati per meglio aiutarli”.
L'utilità della narrazione delle proprie esperienze vissute da parte dei malati di cancro per promuovere strategie di coping con la malattia è ormai indiscussa (solo per citare alcuni autori: Carlick A. & Biley F.C. Esterling B.A., 2004, e L'Abate L., Murray E.J., Pennebaker J.W.,1999).
Promuovere l'utilizzo di metodologie narrative nell'elicitazione e nell'analisi dei vissuti personali in contesti oncologici permette a pazienti e curanti di organizzare i pensieri e le esperienze, di identificare i problemi, di trasmettere informazioni, di esplorare le possibili scelte, di distanziarsi dalle situazioni, di ristabilire la temporalità degli eventi, di considerare i propri valori, in altri termini di stabilire e rinsaldare l’alleanza terapeutica ed individuare i percorsi di cura più efficaci.
La raccolta e sistematizzazione delle storie di cura, se inserite in una griglia di analisi del testo che ne consenta la corretta lettura, fornisce indicazioni che si traducono in risparmio delle risorse e guadagno di tempo assistenziale.
La narrazione del paziente e degli operatori sanitari diviene quindi elemento imprescindibile della medicina contemporanea, fondata sulla partecipazione attiva dei soggetti coinvolti nelle scelte terapeutiche, perché comunicazione e sostegno di qualità aumentano le percentuali si successo.
L’obiettivo, allora, è una Narrative Evidence Based Medicine in grado di rendere ottimale l’approccio con il paziente, in una visione olistica, dove dalla compassione si passa all’empatia e dalla comprensione si passa alle competenze relazionali.
La medicina narrativa: costruire una storia comune.
[...]
Le associazioni di pazienti nella definizione ed elaborazione della Medicina Narrativa (NBM) hanno avuto un ruolo primario perché hanno fatto emergere il loro punto di vista: il nucleo centrale della medicina narrativa è infatti il processo di ascolto del paziente.
Ma se ascoltare la storia del paziente rappresenta il principale strumento per permettere di costruire un ponte tra mondi distanti, questo ascolto deve avere delle caratteristiche precise: non si tratta infatti soltanto di raccogliere storie di malattia, ma di costruire una storia comune. La storia del paziente va accolta ma anche integrata con la narrazione del medico. Il compito del curante, infatti, è di co-costruire una narrazione nuova, in cui le competenze scientifiche si intreccino e soprattutto si adattino all’esistenza della persona malata e dei suoi familiari.
I due sistemi che si incontrano, quello del curante e quello del paziente e della sua famiglia, non hanno lo stesso potere: per definizione uno dei due, il professionista, ha una posizione di maggior potere perché ha la facoltà di rispondere ad una richiesta o ad un bisogno dell’altro. Questo significa che tra curante e paziente esiste una dissimmetria della quale è importante tenere conto per proteggere la relazione, altrimenti si possono verificare diversi rischi connessi a qualsiasi intervento di aiuto: agire cioè contro, sopra o senza la persona che vorremmo aiutare.
[...] Rita Charon suggerisce ai medici, nell’approccio verso il paziente, di porre questa semplice domanda: “Cosa è importante che io sappia di te adesso”. In essa si racchiude e si comprende, il senso e la specificità dell’elemento narrativo in medicina: basta semplicemente fare le domande giuste, nel modo giusto e l’approccio narrativo non richiederà né più tempo, né tempo, come sostengono coloro che lo criticano.
I laboratori di scrittura e narrazione
“La narrazione del paziente non dà solo informazioni sulla sua vita e su come la malattia la modifica: essa ci dice anche come il malato vede il mondo, legge la realtà, si pone nei confronti degli altri. Solo attraverso la narrazione possiamo scoprire il linguaggio che il paziente usa, il significato che dà alle parole e ai concetti, le metafore di cui si serve, le emozioni che prova”.
Dietro la Medicina Narrativa non c’è improvvisazione, ma una metodologia scientifica seria che va appresa, di cui beneficia non solo il singolo caso ma l’intera organizzazione sanitaria di appartenenza.
Il “semplice” narrarsi non basta. Mai come ora, infatti, assistiamo al moltiplicarsi degli spazi di narrazione: è un fatto di per sé positivo, ma che sembra non aver alleviato il senso di solitudine umana e del malato in particolare.
Cosa manca dunque affinché il narrarsi diventi parola vera in grado di metterci in contatto con noi stessi e con gli altri e non sia occasione di scambio di stereotipi?
Nei laboratorio di scrittura terapeutica per pazienti oncologici il processo del narrare in gruppo è importante almeno quanto i contenuti della narrazione stessa. Scrivere significa mettersi in relazione con se stessi e con gli altri e allenare la capacità di raccontarsi, scoprendo l’unicità e la bellezza di ogni romanzo esistenziale, per cui la
capacità di ascolto risulta tanto importante quanto quella di esporsi.
Il percorso di Medicina narrativa allo IOV, al CRO, in Sicilia, a Siracusa e Catania
Tutto ebbe inizio allo IOV, tra una discussione e l’altra di un approfondimento sulla narrazione, di preparare un corso sulla scrittura terapeutica. Era una prova, una semplice valutazione di cosa sarebbe accaduto se la scrittura si fosse avventurata tra le cose da fare quando c’è una diagnosi di tumore. La prova andò bene. Una grande partecipazione, pazienti, osservatori, ed io. Io nel ruolo di paziente, di persona coinvolta. Solo che non lo sapevo. Ho combattuto le mie battaglie, ho sfidato fino al limite massimo le mie guerre e ne sono uscita vincitrice, ho messo la parola fine alla lunga assuefazione che mi ero fatta sulla mia diatriba con il padre.
Poi tutto è proseguito. È stato presentato un progetto al CRO, è stato seguito e opportunamente sponsorizzato dalla formazione e del progetto Patient Education, è diventato offerta permanente in materia di riabilitazione. E adesso passiamo a Catania e a Siracusa, dove il progetto è stato offerto come proposta di riabilitazione, prosegue a Siracusa, dove ha fatto nascere il gruppo di ANGOLO Siracusa.
Conclusione
La narrazione del paziente e di chi se ne prende cura è un elemento imprescindibile della medicina contemporanea, fondata sulla partecipazione attiva dei soggetti coinvolti nelle scelte terapeutiche. Le persone, attraverso le loro storie, diventano protagoniste del processo di cura.
Potrebbe rimanere ancora aperta la questione se l’approccio narrativo in medicina, indicatore della qualità della relazione, sia accessorio o essenziale. I pazienti hanno ben chiara la risposta: si vede quando non c’è.
I saggi raccolti in questo volume mirano ad operare l’integrazione tra due diversi paradigmi della medicina: quello positivista e scientifico di cui l’EBM (Evidence Based Medicine) è la massima espressione e quello etico-narrativo incarnato dal movimento della Medicina Narrativa, tenendo conto altresì delle leggi della “complessità” secondo le quali tutto esiste in relazione al tutto e ogni elemento è parte di un sistema di relazioni che conferiscono senso ai singoli elementi proprio in relazione al disegno più generale. Così ogni individuo è parte di una struttura familiare e ogni professionista di un sistema professionale. La relazione di aiuto è un incontro fra questi sistemi che generano nuovi intrecci relazionali; il tutto all’interno di un contesto sociale, culturale, storico ed anche terapeutico che connota ogni interazione e influisce sulle storie di cura. Le scienze antropologiche, psicologiche e psicoterapeutiche sono concordi nell’affermare l’importanza del raccontarsi come modo per riuscire ad auto-comprendersi più compiutamente,incastonando le esperienze in una cornice unica e irripetibile: la propria vita.
Il racconto diventa l’unione, il collante, il catalizzatore di tanti momenti che, se rimanessero isolati, non potrebbero rivelare il loro significato d’insieme.