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Libri: Diagnosi e destino

Realtà e miti della diagnosi: recensione del nuovo libro di Vittorio Lingiardi

A cura di Sebastiano Castellano
Il significante ‘diagnosi’, nel linguaggio corrente come nel linguaggio tecnico, rimanda a due principali significati. Indica la complessa indagine designata con il verbo diagnosticare e anche il prodotto cognitivo e linguistico che di questa indagine attesta il completamento.
Il saggio di Vittorio Lingiardi, psicanalista e docente di Psicologia dinamica, investiga il tema della diagnosi come processo di conoscenza e ne estende la portata. 

Considera infatti il progresso di conoscenze che ha luogo nei tempi di elaborazione e formulazione della diagnosi che è tutto a carico dei medici. Aggiunge però che anche la diagnosi comunicata è un fattore di conoscenza a motivo delle trasformazioni che avvia nella vita e nei pensieri del malato. Ricevuta una diagnosi il malato apprende immediatamente qualcosa su di sé che prima non sapeva. Deve elaborare questa scoperta e trarne le conseguenze. In seguito è costretto alla continua acquisizione e alla continua elaborazione di saperi. Innanzitutto riguardo al proprio corpo e ai suoi limiti. Più in generale riguardo alla vita, come è stata e come potrà ancora essere. Impara anche qualcosa sulla medicina e sulle funzioni della medicina nonché sulle dinamiche di solidarietà o di indifferenza che popolano il mondo della malattia. Di questa conoscenza incarnata i medici, spesso, non si accorgono. 

Nell’introduzione l’autore si chiede perché i medici, invece di ignorarlo, non perfezionino e indirizzino questo sapere a vantaggio del processo di cura oltreché della qualità di vita del malato. 
Nel complesso il saggio, diviso in tre parti, esplora la ricchezza di significati e di prospettive racchiuse nella comunicazione della diagnosi e nella sapienza collegata.

La prima parte, Diagnosi e tormento, prende spunto dalle riflessioni sulla malattia e sull’essere malati di Virginia Wolf (On being ill, fine anni venti) e di Susan Sontag (Illness as metaphor, 1977, AIDS and its metaphor, 1988). Nel capitolo Narrare la malattia numerosi scrittori (W. C. Williams, Ph. Rorh. E. O’Brian, O. Sacks, R. Carver, A. Ginsberg, M. Proust e altri) sono chiamati a testimoniare sia l’importanza per il malato di esternare la propria storia interiore sia l’esigenza del medico di conoscere la singolarità della persona in cura e la peculiarità del trattamento che lo riguarda. 
Per entrambi, con fini diversi, narrare la malattia è il tentativo di raccogliere in un costrutto coerente elementi dispersi, altrimenti incomprensibili. Nel capitolo Il guaritore ferito, dopo aver considerato che il medico non deve mai dimenticare la sua nascosta essenza di paziente, l’autore osserva che l’antico motto ‘Il medico stesso è un farmaco’, va considerato nella sua complessità. La radice etimologica di ‘farmaco’ rimanda infatti sia al principio benefico che sana sia al veleno che uccide.

Nella seconda parte, Diagnosi e difese, sono analizzate le dinamiche psicologiche che medici e malati attivano nel tempo di costruzione e nel momento di formulazione della diagnosi. Varianti di personalità e di maturità, dei malati come dei medici, determinano preferenze più o meno consapevoli verso meccanismi psicologici che, al fine di proteggere, incidono sulla percezione della realtà. Alcuni con vantaggio personale o beneficio di chi è prossimo. Altri, invece, aumentando la sofferenza. Anche queste varianti rendono singolare ogni processo di comunicazione e di cura.  

L’ultima parte, Diagnosi e psiche, impegnativa per il lettore che non abbia familiarità con la teoria e la pratica della psicanalisi, tratta più specificatamente delle diagnosi psicologiche e psichiatriche e dei loro effetti. 
In tutte le tre parti molte sono le citazioni, tutte pertinenti, spesso illuminanti. A questo riguardo un appunto può essere rivolto all’autore a causa di un certo disinteresse per la completezza e precisione bibliografica.
Nel complesso sono pagine che fanno pensare: alla vita, alla sofferenza e al morire. Temi cardine nell’esperienza dell’uomo malato e, quindi, di curanti che vogliano pensare, nel loro lavoro e al loro lavoro.



Vittorio Lingiardi 
Diagnosi e destino
Einaudi, Torino 2018 
(pp. 152, euro 12)


L'autore della recensione
Sebastiano Castellano
Sono medico ospedaliero in pensione: ginecologo, poi direttore sanitario. Mi sono sempre interessato all'aspetto etico, metodologico e relazionale delle interazioni di cura. Negli ultimi dieci anni ho fatto parte di un gruppo di medici narratori veronesi. Dai nostri incontri è stato ricavata una raccolta di esperienze: I medici si raccontano, Guerini, Milano 2016. In particolare ho dedicato le mie ricerche agli stimoli di riflessione offerti dalle trame e dai personaggi della letteratura. Sono piemontese, laureato in filosofia e vivo a Verona



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