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Libri: Medicina narrativa di Rita Charon

“Medicina narrativa” di Rita Charon: leggere con cura

A cura di Francesca Memini
“Medicina narrativa. Onorare le storie dei pazienti” uno dei libri fondamentali della Medicina Narrativa è finalmente disponibile anche in italiano, a cura di Micaela Castiglioni, nella traduzione di Christian Delorenzo.
È in questo libro che troverete la formulazione delle principali teorie dell’approccio umanistico-narratologico alla medicina narrativa e la descrizione di strumenti pedagogici essenziali come la cartella parallela e il close reading. 
Per chi ha già letto il libro nella versione originale, rileggerlo oggi in italiano, affidandosi al lavoro competente del traduttore, può essere l’occasione per una lettura più attenta, per avvicinarsi al testo con uno sguardo aperto ma allo stesso tempo arricchito dalle esperienze e dalle letture che riempiono i 13 anni trascorsi dalla sua prima pubblicazione.
La medicina narrativa, negli Stati Uniti e anche in Italia, in questi anni è cresciuta, ma in questo libro possiamo riscoprirne le origini e il cuore pulsante.

Il cuore della Medicina Narrativa

La metafora del cuore, una metafora che ci fa viaggiare tra medicina e letteratura, è quella che Rita Charon utilizza per descrivere i 3 movimenti  della medicina narrativa.
• L’attenzione, la diastole. Il momento in cui si fa il vuoto, per fare spazio e recepire la narrazione. Con le parole di Henry James, citato da Rita Charon :“così limpida era la grande coppa di attenzione che egli pose tra loro due sulla tavola”;
• La rappresentazione, la sistole. Sempre con le parole di James “L’arte […] raccoglie il suo materiale, per dirla altrimenti, nel giardino della vita […]. Ma ancora non ha finito di fare questo che già deve tenere conto di un processo quello dell’espressione, dell’estrazione del valore.” Con la rappresentazione si costruisce una trama, il senso emerge e la storia prende forma;
• La connessione, la funzione cardiaca, lo stadio di azione che emerge come effetto dall’alternarsi di sistole e diastole. Si crea una relazione che è insieme trasformativa e operativa. La connessione crea una diade di cura efficace.

Rita Charon descrive questi tre movimenti con una metafora, ma anche accostandoli alle tre fasi circolari descritte nella teoria della narrazione dal filosofo Ricoeur, che riprende e reinterpreta la mimesi aristotelica . 
Mimesis I : la pre-comprensione, simile all’attenzione aperta a far emergere significati potenziali. La Mimesis II, simile alla rappresentazione diastolica, il significato emerge e prende forma, ordine, si struttura nel tempo, nelle relazioni e nelle connessioni. La Mimesis III, il compimento della mimesis nella ricezione del lettore.
Questo intreccio tra medicina, narratologia e letteratura è una costante del libro e un marchio di fabbrica per un approccio che si muove nelle fertili zone di confine tra le discipline. La medicina riflette su stessa e scava nei suoi significati profondi anche grazie alla filosofia e alla narratologia, si immerge, sosta nei vissuti e trova le parole con la poesia, dà corpo e materia vissuta alle teorie attraverso le sue azioni e i gesti di cura.

L’incontro con Rita Charon, un medico

C’è un altro modo di leggere questo libro, un modo che ci suggerisce la stessa Rita Charon: Leggere tra le righe per capire quello che il narratore sta rivelando su di sé (p.79). 
L’incontro con Rita Charon attraverso questo suo libro è l’incontro con una donna medico. Questo un incontro permette di collocare e contestualizzare la medicina narrativa all’interno della “trincea” della sanità. 
Si tratta infatti di un libro ricco di storie e di relazioni (i pazienti, i colleghi, gli studenti..) che colgono le radici esperienziali, le motivazioni intime da cui è nata, prima ancora della medicina narrativa, l’esigenza della medicina narrativa.
L’ esigenza di una pratica clinica più etica, accogliente, riflessiva, consapevole, rispettosa anche di chi cura. Un’esigenza che credo molti medici condividano, senza dover rinunciare al senso pratico, alla concretezza e nemmeno alla fiducia nelle evidenze scientifiche.
“Come si misura l’efficacia della medicina narrativa? Rita Charon lo dice chiaramente: Dato che la medicina è un’attività pratica, non saremmo soddisfatti se la nostra teoria non portasse da qualche parte, se non desse risultati dimostrabili e replicabili. Questi risultati si misurano nei termini delle connessioni che creiamo.(p 165)
Uno spunto su cui vale la pena riflettere.

Tradurre con cura

Ogni traduzione è un piccolo miracolo. Tradurre significa onorare il testo, onorarne la storia, tenendo conto dell’autore e del lettore, di mondi di significati, di alterità e prossimità. Una pratica che potrebbe senza difficoltà rientrare in un laboratorio di medicina narrativa, perché per tradurre un testo bisogna in primo luogo “leggere con cura” e poi “rendere testimonianza”.
Grazie al lavoro di curatela e di traduzione, di Christian Delorenzo e Micaela Castiglioni abbiamo a disposizione un vocabolario di parole nel nostro idioma, che possono servire per continuare la conversazione, per continuare a costruire una communitas italiana, che attraverso le narrazioni, sia sempre più operativa sul territorio.
Un’ultima osservazione conclusiva: la medicina narrativa è ancora poco nota in Italia, forse anche a causa della mancanza della traduzione di testi chiave e di “precursori”. Arthur Kleinmann, Arthur Frank, Cheryl Mattingly, John Launer, Tricia Greenhalgh sono solo alcuni dei nomi, delle diverse voci che non hanno ancora avuto spazio nella nostra lingua. Abbiamo tanti validi autori italiani, ma il dialogo necessita per definizione di più voci e anche del confronto con culture altre, confronto che resta precluso a chi non legge l’inglese.
L’augurio è che il libro di Rita Charon sia l’inizio di una maggiore attenzione dell’editoria italiana verso queste voci della medicina narrativa e delle Medical Humanities.

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