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Teatro: Io vidi Moby Dick

Teatro: Io vidi Moby Dick

A cura di Maddalena Pelagalli
Ho conosciuto Ubaldo Sagripanti in occasione del congresso della SIMeN, ad Arezzo nel maggio 2018. Ho provato da subito una bella sensazione nei suoi confronti. Molto professionale ma anche molto attento all’ascolto.

Nei giorni successivi, mi ha inviato un suo libro, Caro Dottor Cronin, con un sottotitolo che racconta tutto "24 lettere dall’Ufficio Sofferenza", una  raccolta di storie che descrive la condizione attuale del medico nell’esercizio della sua attività all’interno del sistema sanitario. I riferimenti letterari a cui si ispira sono importanti e precisi e non scontati. Una lettura, a volte amara, di lettere-sospiri, una Spoon River ospedaliera, sempre ricca di passione per  una professione che deve cercare in ogni giorno la voglia di andare avanti, perché finché saranno esseri umani a prendersi cura di altri esseri umani avrà la sua ragione di esistenza.  

Poi, pochi giorni fa, mi arriva l’invito a una sua rappresentazione teatrale dal titolo evocativo Io vidi Moby Dick. Lo spettacolo si tiene presso un teatro ad Albano Laziale, una cittadina dei Castelli Romani, tra Marino e Velletri. Il primo impulso è di non andare, troppo lontano, di domenica pomeriggio poi. Invece decido per il sì e il premio è stato grande!

Ho incontrato Melville ed i suoi personaggi.
La storia è nota, anzi notissima e la pièce la dà per scontata. L’attenzione è tutta rivolta verso i protagonisti, anzi verso Ishmael, unico sopravvissuto al naufragio del Pequod.
Ishmael si racconta facendoci vivere il seguito della storia interrotta. Il sentimento che lo pervade è nel suo volersi ricongiungere con l’equipaggio che ha perso. La sua vita ci viene raccontata nel silenzio della sua quotidianità. Niente fama. Nessun riconoscimento. Eppure lui ha vissuto una delle più grandi avventure della storia dell’uomo narrate in un romanzo. 
Tutte le notti ripercorrere lo stesso racconto intriso di tristezza e rimpianto.
Ogni notte incontra i suoi fantasmi.
Acab, dannato ad inseguire il suo destino, la sua condanna certa ad opporsi ad una Natura che tutto sovrasta e si riprende. 
Starbuck, con la sua semplice fermezza, ancorato alla naturalità dei sentimenti familiari, che voleva salvare il capitano, e quindi l’equipaggio, dal suo malefico destino. 
Ogni notte rivede la Balena bianca sbuffare acqua nell’Oceano ed inabissarsi nel suo profondo. 

Attraverso Ishmael anch’io ho sentito il cielo azzurro metallico ricoprire la volta dello spazio teatrale ed il profumo salato del mare ed ho provato serenità nel suo calmo ricongiungersi con il suo passato, accolto dal Pequod alla fine della sua storia.
Grazie quindi a Sagripanti per il viaggio che mi ha fatto condividere, attraversando la profondità degli abissi dell’oceano che ha solcato ed i sentimenti degli uomini che ha raccontato.

Cosa c’entra Moby Dick con la Medicina Narrativa?
La storia però non finisce qui. Tornata a casa i pensieri si accavallavano e si mescolano con le emozioni, ma, sopra tutti, una domanda: cosa c’entra quello che ho visto questa sera con l’argomento che mi ha fatto incontrare Ubaldo, cosa c’entra con la Medicina Narrativa?
Perché un nesso sentivo che c’era, ma non riuscivo a vederlo chiaramente.
Rileggo il programma dello spettacolo che recita “Ognuno di noi porta almeno una storia e a volte basta nulla per imbarcarci sul Pequod: una passione, un amore, una malattia e si è già a largo con un volto, un odore, una luce che è lì, dentro di noi, e nello stesso tempo a oceani di distanza; navighiamo tra immagini e parole che guizzano tra il sole e l'abisso come creature del mare.  Quest'opera è un ringraziamento a Ishmael, al suo coraggio silenzioso; è un invito a raccontare e ad ascoltare storie; è una dedica a chi ha incontrato gli occhi del mare.”

Ed eccolo lì il nesso! Secondo i principi della Medicina Narrativa, anche il medico (o l’infermiere, il fisioterapista, ecc) è testimone silenzioso di storie. Come Ishmael non ambisce alla gloria, ma ad onorare le storie, ascoltandole, accogliendole, diventando testimone della verità di cui ogni storia è portatrice. 

Ma le storie, si sa, fanno nascere altre storie ed è così che un medico narrativo, come Ubaldo, diventa scrittore.


Ubaldo Sagripanti, Roma 1962, vive a Civitanova Marche dove esercita come psichiatra; ha partecipato a concorsi letterari, pubblicato romanzi, saggi e opere teatrali.  Ha conseguito il Master dell'ISTUD in Medicina Narrativa.




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