Prefazione del professor Antonio Virzì al libro "Medicina narrativa. Temi, esperienze e riflessioni" curato da Barbara Morsello, Chiara Cilona, Fiorenza Misale.
La Consensus Conference organizzata dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2014 nel definire la Medicina Narrativa «una metodologia
d’intervento clinico assistenziale…» rispondeva all’esigenza, molto sentita in quel momento, di dare un’identità forte a qualcosa della quale si coglieva la novità e l’importanza. Questa necessità non è scomparsa, ma è necessario affrontare il rischio, oggi che la Medicina Narrativa è più diffusa, di considerarla in una dimensione più ampia che la veda quasi più come movimento culturale, che specifica metodica clinica.
Lo sforzo degli Autori di questo volume, di affrontare il tema in maniera multidisciplinare, nel senso più ampio del termine trova in
questa ottica, nel panorama editoriale delle Medical Humanites, la collocazione più opportuna, contribuendo al riconoscimento più corretto che la Medicina Narrativa può avere.
Sempre nello stesso senso, non bisogna preoccuparsi del sempre maggiore numero di testi che portano nel titolo come riferimento principale i termini di Medicina Narrativa. Ognuno di essi, con le prevedibili differenze, e anche contraddizioni, contribuisce alla costruzione di un’identità che per sua natura deve essere in continua evoluzione. Non bisogna preoccuparsi in questo momento della proliferazione di iniziative, a volte anche frutto di interessi più privati che culturali, confidando nel principio che alla fine le idee migliori si imporranno da sole.
Se riconosciamo alla Medicina Narrativa la missione di recuperare il significato più profondo della narrazione all’interno di ogni atto terapeutico e, per essere ancora più chiari, all’interno di ogni azione che riguardi una condizione di sofferenza legata a malattia, non possiamo fare a meno di fare ricorso a tutte le risorse culturali che è necessario mettere in campo per frenare la deriva culturale di una medicina solo tecnologica.
Il riferimento alla formazione culturale degli Autori, pubblicata alla fine del volume è già un ‘manifesto’ di cosa debba essere Medicina
Narrativa. Personalmente, da medico, e per di più psichiatra, ho egoisticamente qualche difficoltà ad accettare la condivisione della relazione con il paziente con altre figure professionali. Solo la consapevolezza che questo sia ormai indispensabile per il bene di chi soffre e di chi gli sta intorno, mi porta a sostenerne l’indispensabilità, paradossalmente proprio nella logica di quella superspecializzazione che caratterizza ormai ogni atto medico.
Attenti però a non confondere una metodica clinica, che comunque va riservata ad un’area medica, con una dimensione culturale che deve
essere aperta a tutti. È reale il pericolo che più il medico venga reso consapevole della necessità di curare gli aspetti relazionali del suo rapporto con il paziente (e le narrazioni sono uno degli strumenti più efficaci), più deleghi la gestione di questi aspetti ad altre figure, finendo per impoverire ulteriormente il proprio impegno.
La strada per eliminare questo rischio non è certo quella di impedire alle figure non mediche l’intervento, ma proprio quella di una formazione culturale nuova (o forse anche antica!), multidisciplinare del medico alla quale tutti concorrano e il cui primo frutto non può che essere la collaborazione e la condivisione, non certamente la delega.
Questo testo, con la sua pluralità di saperi coinvolti, è un contributo importante per la comprensione di cosa sia la Medicina Narrativa