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Notizie e narrazioni

Il punto di vista di un medico di famiglia sulla Medicina Narrativa

Il punto di vista di un medico di famiglia sulla Medicina Narrativa

A cura di Francesca Memini
Come hai conosciuto la MN?
Il primo incontro in assoluto è stato leggendo la monografia “ La Medicina narrativa”  della rivista di politica sociosanitaria del Settembre-Ottobre 2009, “Salute e Territorio”, del Laboratorio Regionale per la Formazione Sanitaria (FORMAS. In quel periodo stavo iniziando il corso avanzato per  conduttori di Gruppi Balint, organizzato dal FORMAS  e dall’Istituto di Formazione Psicosomatica di Firenze ed avevo appena terminato il corso triennale di scrittura autobiografica  presso la Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari. Durante la stesura della mia autobiografia ed anche nell’aiutare, come consulente autobiografico, due persone a scrivere la propria storia di vita, ho potuto constatare  che scrivere  su episodi del passato, belli o dolorosi che siano,  fermarsi a riflettere mentre la penna traccia il segno delle parole, aiuta a  rivivere  emozioni che si credevano sepolte,  a dare un senso alla propria vita, a prendersi cura di sé, a stare meglio. Successivamente ho voluto approfondire l’argomento  e mi sono iscritta al Master di Medicina Narrativa Applicata ISTUD di Milano e  alla Summer School di Medicina Narrativa di Anghiari

Durante il master ISTUD hai svolto un interessante  project work che indagava, attraverso una raccolta di storie,  le motivazioni e i vissuti dei giovani medici di MG.Quali sono stati i risultati e quali le tue riflessioni in merito?
Come medico di famiglia, tutor e docente nel Corso triennale di formazione in Medicina Generale, mi sembrava interessante ed importante capire come i giovani medici affrontino la professione, i loro vissuti, le loro speranze. La difficoltà iniziale a reclutare le storie dei medici è stata ampiamente compensata dalla lettura dei testi che sono stati inviati, intensi e coinvolgenti. Attraverso l’analisi dei racconti semistrutturati, con  l’individuazione di macroaree nelle quali ho raccolto frammenti di narrazione significativi e di metafore, emergono le difficoltà di un percorso universitario non facile e delle scelte postuniversitarie. Per alcuni  il corso di formazione in  Medicina Generale è stato un ripiego, per altri una vera e propria scelta. Il futuro appare nebuloso per tutti, soprattutto per i cambiamenti che si stanno verificando nella Sanità territoriale con la costituzione delle Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT) e le Unità di Cure Primarie (UCCP), che vedono più figure professionali lavorare insieme. La figura di medico che scaturisce dai racconti, tuttavia, è quella di un professionista che, pur con incertezze e ripensamenti,con un bagaglio di nozioni ma anche di storie di vita personali che lo hanno arricchito, ha voglia di  prendersi cura a tutto tondo dei propri pazienti, sia dal punto di vista clinico che relazionale, nonostante   i numerosi aspetti burocratici e la spersonalizzazione di certi ambienti di lavoro. 

Come dovrebbe cambiare, a tuo avviso e sulla base della tua esperienza, la formazione del medico?
Il percorso universitario in Medicina e Chirurgia si basa soprattutto sullo studio del corpo umano in tutte le sue parti e sulla cura delle varie patologie. Poco o niente viene insegnato sugli aspetti psicologici e relazionali. Eppure la medicina è anche un’arte: l’arte di occuparsi dell’essere umano in tutti i suoi aspetti, biologici, psicologici e sociali. La relazione medico-paziente è uno degli strumenti di quest’arte.  Il medico stesso è la prima medicina, come diceva M. Balint fin dagli anni ’50, evidenziando l’importanza di una medicina non più centrata sulla malattia ma sul paziente. Curare ed integrare questi aspetti  in modo trasversale alle varie materie di studio, è fondamentale nella formazione dei medici e degli altri operatori sanitari, sia a livello universitario sia nei vari corsi di specializzazione. 
Qualche settimana fa, hai organizzato una giornata sul Timeslips: di cosa si tratta? 
Il Time slips è un programma di narrazione creativa che aiuta le persone affette da demenza a esprimere la propria creatività, costruendo storie sotto lo stimolo di immagini . Tiziana Morucci, Frida Cantini e Tamara Giusti del Laboratorio della R.S.A San Frediano di Forcoli hanno rielaborato il progetto di Ann Davis Basting, dando voce agli anziani presenti nella struttura ed aiutandoli ad esprimersi. L’incontro è stato molto interessante ed i presenti si sono sentititi coinvolti. E’ importante che le persone, che vivono in RSA, non si sentano isolate e non più utili alla società. Questo è uno dei modi per aiutarle a mostrare quanto ancora possono dare  alla collettività. Come Commissione  "Casa di Riposo" del Comune di Santa Croce sull’Arno abbiamo già proposto altre iniziative di questo tipo ed abbiamo realizzato, con l’aiuto degli anziani dell’RSA, piccoli libri di ricette , che abbiamo distribuito  alla popolazione per coinvolgerla.

Ti occupi anche di Gruppi Balint: trovi che ci siano dei punti di coincidenza o di sinergia tra questa metodologia e la  MN?
Ci sono, a mio avviso, molti punti in comune tra i Gruppi Balint e la Medicina Narrativa: dare importanza all’ascolto, la presa in carico, la relazione, la consapevolezza del ruolo, delle proprie emozioni nella relazione,  del senso di impotenza che spesso vivono gli operatori sanitari di fronte a situazioni difficili, la prevenzione del burn out.  Nei Gruppi Balint 10-15 operatori sanitari, posti in circolo, portano, a turno, un caso clinico  che crea difficoltà al professionista. La discussione è incentrata sulla relazione operatore sanitario-paziente ed i vari interventi sono coordinati da un conduttore preparato alla metodologia balintiana. Ciascun incontro dura circa due ore, ogni quindici giorni. Con il passare del tempo si verifica quella “modificazione notevole se pur parziale della personalità” (Balint) che porta il medico ad essere più capace a cogliere ciò che il paziente vuole comunicare veramente, a tener presenti tutti gli aspetti psicosociali  che possono influenzare il decorso di una malattia, a migliorare la relazione interpersonale, ad ascoltare anche le proprie emozioni. Il Gruppo Balint si basa sulla narrazione orale dei casi ed è rivolto principalmente agli operatori sanitari. Penso che le due metodologie possano integrarsi tra loro  per i punti in comune che hanno, per le possibilità di crescita professionale dei professionisti della cura, migliorando  anche la loro qualità di vita e conseguentemente anche quella dei pazienti.

Che libro consiglieresti a un giovane professionista della cura?

“ Medical humanities e medicina narrativa. Nuove prospettive nella formazione dei professionisti della cura” di Lucia Zannini - Raffaello Cortina Editore 2008

“ Medico, paziente e malattia” di Michael Balint- Nuova edizione curata da F.Benincasa e M. Perini    G. Fioriti Editore 2014


Grazia Chiarini è Medico di Medicina Generale a Santa Croce sull'Arno (Pisa). Specializzata in Endocrinologia, esperta in Fitoterapia clinica, abilitata alla conduzione di gruppi di Formazione alla relazione (Balint) ha condotto gruppi Balint nell'ambito della Formazione continua dei medici di medicina generale organizzati dall' ASL, e  del corso di formazione in Medicina Generale. Ha conseguito il titolo di esperta in scrittura autobiografica e specialista in consulenza autobiografica alla Libera Università dell'auto biografia di Anghiari.(LUA) Nel 2015 ha completato il Master in Medicina Narrativa Applicata ISTUD a Milano e la Summer School alla LUA.

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