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Notizie e narrazioni

Intervista a Chiara Fioretti

Narrative Based Medicine: dalla ricerca scientifica al cambiamento culturale

A cura di Francesca Memini
Lo scorso 14 luglio sul British Medical Journal è stata pubblicata una revisione sistematica della letteratura sulla Medicina Narrativa a cura di un team di ricercatrici italiane. Research studies on patients' illness experience using the Narrative Medicine approach: a systematic review, mette a confronto le pubblicazioni a partire dal 1988 (anno della pubblicazione del libro di Arthur Kleinmann sulle illness narratives),  che riguardano studi di ricerca condotti su pazienti e caregiver, che hanno adottato un approccio di Medicina Narrativa
Abbiamo intervistato uno degli autori della review, Chiara Fioretti, attualmente ricercatore postdoc all’istituto Europeo di Oncologia di Milano.

Evidence Based e Narrative Based Medicine: un conflitto ancora aperto?
Mi auguro che il conflitto tra EBM e NBM volga al termine al più presto, perché è frutto di un’interpretazione superficiale e riduttiva di entrambi gli approcci: i termini della questione sono stati chiaramente delineati da Trisha Greenhalgh, nell’articolo del 1999 Narrative based medicine in an evidence based world.
Mi occupo di psico-oncologia, le evidenze scientifiche e i protocolli validati empiricamente sono di importanza fondamentale, ma questi non possono essere applicati in maniera meccanica al singolo paziente; l’anamnesi clinica richiede l’ascolto e l’interpretazione della sua esperienza di malattia. Il giudizio clinico è un atto interpretativo, la narrazione è uno strumento indispensabile per la personalizzazione della cura.
Curare non significa guarire dalle malattie, significa prendersi cura del paziente nella sua globalità e come individuo.  In questa direzione si orienta anche l’approccio della Medicina Personalizzata, che il gruppo della Prof.ssa Pravettoni, con cui collaboro, ha approfondito in questi anni in progetti europei, nella formazione agli operatori sanitari e nell’assistenza al paziente oncologico

Qual è il senso di questo lavoro di revisione della letteratura?
Dopo oltre 30 anni di dibattito sulla MN, la maggior parte della letteratura è ancora costituita da articoli teorici che approfondiscono questo approccio criticamente e teoricamente. Gli studi che abbiamo confrontato sono tutti relativi agli ultimi 10 anni e riguardano patologie tutte diverse tra loro: manca una procedura condivisa che permetta di replicare i risultati in contesti differenti. 

Quello che abbiamo voluto mettere in evidenza nella review è proprio la necessità di arrivare a una definizione chiara e condivisa delle metodologie d’indagine e delle variabili specifiche della Medicina Narrativa. 
Abbiamo incluso nella review anche studi (come i case study) con metodologie che sono considerati di scarso valore nell’EBM ma che sono significativi in una prospettiva come quella della NBM, più prossima alle metodologie delle scienze umane.

Per esempio, mi sembra che dalla letteratura analizzata emerga una certa confusione tra due diversi modi di intendere la MN: come “terapia narrativa” (che utilizza la scrittura, il teatro o altre modalità di storytelling) o come strumento per raccogliere dati
L’efficacia sul benessere psico-fisico del paziente o sulla gestione dello stress di interventi basati sulla narrazione, come l’emotional disclosure o l’expressive writing, è dimostrata in numerosi studi, che non si inseriscono nell’ambito della Medicina Narrativa in senso stretto.
Abbiamo incluso nella review solo le pubblicazioni che citano esplicitamente nel titolo, nella metodologia o nelle keywords la Medicina Narrativa o la Narrative Based Medicine e tra questi si ritrovano entrambe le declinazioni di significato: MN come metodologia di intervento o come strumento per raccogliere dati.
Un esempio ulteriore della necessità di chiarezza e uniformità nell’ambito della ricerca in questa disciplina.

Perché il focus sui pazienti?
Inizialmente abbiamo preso in considerazione tutta la letteratura riguardante studi scientifici, indipendentemente dal fatto che analizzassero l’esperienza del paziente/caregiver o dell’operatore. Tuttavia le differenze metodologiche erano tali da non permettere un confronto tra gli studi. Gli interventi che prendono in considerazione gli operatori riguardano nella maggior parte dei casi interventi di formazione in competenze narrative. Volendo concentrarci sulla pratica clinica abbiamo dovuto escluderli.

Non sono emersi studi di MN che valutano l’interazione medico-paziente, invece che concentrarsi solo su uno dei poli della relazione. Per quale motivo a tuo avviso?
Indagare la qualità della relazione terapeutica medico-paziente, così come l’approccio dell’operatore sanitario nella comunicazione con il paziente, richiede l’implementazione di metodologie di ricerca quali osservazione, audio o videoregistrazione. In molti contesti di malattia l’incontro con il medico è un momento delicato per il paziente e ricco di valenza emotiva. La mia opinione è che fare ricerca in questo preciso momento dell’esperienza di malattia richieda un rigoroso rispetto del vissuto del paziente e della sua privacy. Questo talvolta può disincentivare il ricercatore e i comitati etici.

Un tratto particolarmente positivo emerso dalla ricerca riguarda la presenza di numerosi studi italiani…
Già durante i miei studi a Londra, il professor Brian Hurwitz sottolineava come l’attenzione per la Medicina Narrativa fosse particolarmente alta nel nostro Paese. Dalla revisione della letteratura è emerso come all'estero la Medicina Narrativa sia trattata soprattutto come costrutto teorico, mentre in Italia l’interesse Si traduce in varie realtà in un tentativo di applicazione del modello nella pratica clinica. La Consensus Conference del 2014 ha segnato una tappa fondamentale e di respiro internazionale - anche per l’alto livello degli esperti che vi hanno preso parte – che ha dato una definizione della Medicina Narrativa e l’ha inquadrato proprio all’interno della pratica clinica.

Quale sarà il prossimo step del vostro lavoro?
È necessario allinearsi sulla formazione dei clinici: stiamo cercando di mettere a punto un percorso di studio in MN che parta proprio dalla collaborazione con gli studenti, per rispondere alle loro esigenze.
Ad esempio, con la Prof.ssa Pravettoni abbiamo avviato una collaborazione con il Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria dell’Università di Milano, avviando alcune ore di docenza insieme al prof. Mario Cerati sull’applicazione della Medicina Narrativa in odontoiatria. Gli studenti sono stati molto interessati e soddisfatti e si preannuncia l’opportunità di proseguire in futuro con un percorso di formazione più strutturato
Quello che è necessario affinché la Medicina Narrativa si affermi è un cambiamento culturale. Per questo riteniamo che la formazione dei clinici sia fondamentale: per far sì che le competenze narrative naturali, che ogni studente possiede, vengano riscoperte e valorizzate all'interno delle facoltà di Medicina e Chirurgia.
La diffusione delle cattedre di Medical Humanities, così come i laboratori di ricerca universitari come il laboratorio MeTA-Es dell’università di Firenze con il quale ho collaborato in vari studi, sono un segnale che questo cambiamento sta prendendo piede.

Qual è il principale ostacolo all’affermazione della Medicina Narrativa in Italia?
Gli ostacoli sono di natura pratica, toccano il quotidiano: il tempo, le risorse.
La medicina narrativa si associa ad una riorganizzazione dell’intera impalcatura sanitaria che sta prendendo piede nel nostro paese. Con tutto che l’applicazione della Medicina Narrativa potrebbe portare a una sanità più sostenibile, attraverso per esempio il miglioramento della compliance del paziente e una riduzione della medicina difensiva.


Chiara Fioretti è Dottore di Ricerca in Psicologia e Neuroscienze. È stata visiting Ph.D. al Center for Humanities and Health del King's College of London nel 2013 ed è membro del laboratorio MeTA-Es dell’Università degli Studi di Firenze per lo studio scientifico dell’approccio della Medicina Narrativa. Dal 2015 è ricercatore postdoc presso il gruppo di ricerca della Prof.ssa Pravettoni all’Istituto Europeo di Oncologia, dove approfondisce lo studio dei processi cognitivi nella malattia oncologica, con particolare interesse sull’uso della narrazione come strumento di potenziamento dei processi decisionali e della relazione medico-paziente all’interno del progetto Horizon2020 “iManageCancer”. È assistente alla docenza presso la Cattedra dell’Umanità dell’Università degli Studi di Milano ed autore di diverse pubblicazioni sull’uso della narrazione nei contesti di malattia. 

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