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Notizie e narrazioni

Intervista a Loredana Nigri

Medicina Narrativa per fare ed essere il cambiamento in Sanità

Abbiamo chiesto a Loredana Nigri, membro del consiglio direttivo SIMeN, di raccontarci il suo punto di vista sulla Medicina Narrativa e la sua esperienza all'interno dell'ASP di Cosenza .

Come hai incontrato la Medicina Narrativa?

Si è trattato di un approdo naturale. Di fatto la scrittura è uno strumento irrinunciabile nel lavoro dì assistenti sociali, psicologi ed educatori, veri e propri crocevia di narrazioni, professionalmente vocati all’ascolto attivo. 
Ormai quasi nove anni fa ho avvertito la netta sensazione che la mia generazione di operatori della sanità pubblica, dopo l’enfasi degli anni 80/90 del secolo scorso, stesse girando a vuoto.  Nutrivo l’amara consapevolezza che a fluire  inesorabilmente nel mare magnum dell’obsolescenza,  fosse tutto il lavoro di cura e di aiuto, in gran parte fondato sulla preziosa attività di ascolto e raccolta delle storie di malattia da parte degli operatori. Ascolto attivo finalizzato a dare risposte personalizzate e condivise alle domande di cura e di aiuto.
Il rischio concreto era (ed è) quello di non lasciare traccia e soprattutto significanza terapeutica, in sanità, delle centinaia se non migliaia delle relazioni di cura e di aiuto, che prendono forma e sostanza in ogni servizio socio sanitario.
 
la scrittura è uno strumento irrinunciabile nel lavoro dì assistenti sociali, psicologi ed educatori, veri e propri crocevia di narrazioni, professionalmente vocati all’ascolto attivo

Un patrimonio di expertise costruito su basi ideal/legislative solide, fermo nei suoi principi, riassumibili  nell’ecumenico “diritto alla salute”. Un patrimonio di expertise civico/esperienziale reso evanescente, polverizzato, annacquato e quasi delegittimato, dal processo di aziendalizzazione della sanità. Naturalmente  tra le cause di questo tracollo va considerata anche l’incapacità  di noi operatori di interpretare  le ricorrenze e sostenere le potenzialità di detto patrimonio, per metterlo a regime e condividerlo. 
Molti di noi operatori forse depressi per la piega che stava prendendo la sanità pubblica col pressoché completo abbandono del lavoro sul territorio e  la crisi del lavoro d’equipe, abbiamo  ripiegato nella relazione di cura e di aiuto, al chiuso delle nostre stanze. Una risacca e uno sconvolgimento della stessa idea di sanità. Tanti piccoli ambulatori specialistici, a scarsa connessione. Forse il malato visto come corpo mistico evocativo della perduta età dell’oro: servizi a bassa soglia, orientamento sistemico, partecipazione della comunità ai processi decisionali, centralità degli operatori.  Ma forse queste erano (e sono)  baluardi che andavano rafforzati e vigilati meglio.

La perdita delle narrazioni, intese come opportunità di comprendere il  delicato equilibrio tra salute e mondi vitali, nelle pieghe delle complesse relazioni tra operatori/assistiti/management/comunità, rilevandone le criticità/potenzialità,  rendeva a mio avviso  carente il quadro d’insieme che inevitabilmente viene dal mettere insieme, analizzare, comparare ed interpretare, le storie dei malati, degli operatori che li hanno in cura, dei loro familiari, della comunità. 
Se messo a fuoco, detto quadro d’insieme, quasi un affresco sull'intero sistema sanitario pubblico nelle varie realtà territoriali (perché fare salute in Toscana è diverso che farla in Calabria),  può se non altro  suggerire a chi ha il compito di pensare e gestire la sanità, gli errori da evitare, i correttivi da apportare, la direzione da intraprendere, per promuovere una sanità critica, accogliente, compassionevole, tecnologicamente e professionalmente dotata, quindi efficace. 

I malati e la stragrande maggioranza degli operatori, erano  (e sono) tagliati fuori dai processi decisionali. 

Il dato più preoccupante però era (ed è) la deriva aziendalistica del sistema di cura pubblico che quasi azzerava ogni spazio di pratica della riflessività, e toglieva di fatto, nonostante le importanti leggi al riguardo, ogni possibilità di interlocuzione  assertiva agli utenti, riducendo il loro spazio d’azione alle sole lamentele e reclami, che in ogni caso, attraverso risposte formali, standard, li privava della loro funzione di stimolo ad intervenire sui disservizi segnalati.
Le due cose erano facce della stessa medaglia: le scelte relative alla Medicina con la M maiuscola, le cure, l’aiuto erano in capo ai  decisori politici e quindi applicate dai vari savant manageriali.  I malati e la stragrande maggioranza degli operatori, erano  (e sono) tagliati fuori dai processi decisionali. 

Ci siamo confrontati su questo e su altro in un Gruppo interprofessionale che fa capo alla Direzione Sanitaria aziendale. In noi si faceva strada un’esigenza impellente, quasi una necessità visionaria e creativa orientata ad  aggiungere senso alle narrazioni, a individuarne significati che superavano il trito mandato professionale, oltre che a sperimentarne la spendibilità nella pratica istituzionale. Ciò era possibile magari codificando  e riconducendo al rigore metodologico delle Medical Humanities il nostro lavoro. 
Approcciarci alla Medicina Narrativa, col suo corollario di metodi è strumenti ha rappresentato per il  nostro lavoro, il kairos.   
Come responsabile del Gruppo di lavoro devo aggiungere che l’esigenza di scrivere (e leggere) scorre impetuosa nelle mie vene di scrittrice. La Medicina Narrativa mi ha dato l’opportunità di mettere insieme le mie due anime.


Quali sono le iniziative più recenti e gli obiettivi raggiunti con il tuo lavoro nell'ambito della Medicina Narrativa? 

Nell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, dopo lunga incubazione, è stato istituito, a livello della Direzione Sanitaria, il Settore Medicina Narrativa. In realtà abbiamo  lavorato molto al basamento, alla nostra formazione e all’acquisizione di una semantica e di un linguaggio comune. Anche questo, forse, ha reso il percorso accidentato e ha creato un po’ di instabilità nel Gruppo di lavoro. Il fatto poi che fosse un assistente sociale e non un dirigente a coordinare il tutto, non ha certo facilitato le cose, anzi.
 Le attività riconducibili alla Medicina Narrativa  su cui abbiamo cominciato a ragionare hanno avuto inizio nel 2007, mentre il Settore Medicina Narrativa è stato istituito il 2013. Sei anni e tre pubblicazioni dopo! Un processo lento ma sedimentato.

La nostra formazione da autodidatti in Medicina Narrativa, è stata al centro di grande attenzione e cura. Molti gli spostamenti sul territorio per formarci, alcuni  anche auto finanziati. Ci siamo approcciati allo studio del pantheon della Medicina Narrativa nazionale e internazionale con umiltà e serietà. Ci è stato di molta utilità aver avuto nel Gruppo di lavoro, quattro operatori con un’esperienza più che decennale di insegnamento in università e quindi  con un’attitudine e un approccio allo studio, scrupoloso e scientifico. Questo naturalmente non ci ha messo al riparo dal fare micro e macro errori, dai quali tuttavia abbiamo imparato. In realtà siamo partiti presto  e in assoluta solitudine,  rischiando forse  il solipsismo. Il nostro lavoro di ricerca in Medicina Narrativa forse ne ha risentito un po’, ma è stato comunque apprezzato in vari contesti. Sicuramente potevamo fare meglio. Si può sempre fare meglio. 
Ringrazio Antonio Virzì, presidente della SIMEN che da subito ha  dato un’apertura di credito incondizionata al nostro lavoro. Questo ci ha lusingati e responsabilizzati. 
A tutt’oggi sono più di cento gli operatori che hanno partecipato ai Progetti di Medicina Narrativa dell’ASP di Cosenza; progetti confluiti nelle pubblicazioni,  Relazioni pericolose. Aiutare stanca, aiutare cambia (Pellegrini editore, Cosenza 2009),  La linea d’ombra. Narrazioni sull’aiuto controverso (Pellegrini editore, 2011), Metamorphoses. Medici che si ammalano (Pellegrini editore,  2013) e L’argento vivo. Storie di anziani non autosufficienti e di medici, infermieri e familiari che ne hanno cura (Pellegrini editore, 2015). 
Intensa e coinvolgente è stata l’attività formativa svolta a partire dal 2009 sull’ampio territorio dell’ASP di Cosenza,il secondo per ampiezza in Italia. Seminari, laboratori, Presentazioni, Lavori di Gruppo, destinati a tutte le figure professionali, hanno contribuito a diffondere la pratica della Medicina Narrativa e in un certo senso a plegittimarne la stessa presenza in staff alla Direzione strategica aziendale. 

A tutt’oggi sono più di cento gli operatori che hanno partecipato ai Progetti di Medicina Narrativa dell’ASP di Cosenza

Quali sono i prossimi progetti in cantiere?
Il Gruppo di lavoro del Settore Medicina Narrativa è multi professionale e multisettoriale ed è aperto a nuove immissioni e contributi, con articolazioni tematiche flessibili.

Molti medici e direttori di servizi accettano di buon grado le nostre proposte e in pentola bollono due progetti importanti.
Il primo  in collaborazione con i Servizi di oncologia "The person before all else. Strumenti e metodi della Medicina Narrativa, per prendersi cura delle persone malate e dei loro familiari nei reparti di oncologia”, prevede un impegno biennale.  
 
L'altro in collaborazione col Dipartimento delle dipendenze "Le patologie del disagio - Viaggio al termine della notte nei soggetti affetti da dipendenze senza sostanza e nei tossicodipendenti ristretti nella Casa Circondariale di Cosenza”, contiamo di portarlo a termine entro la primavera del 2017.

Qual è il futuro, a tuo avviso, per la MN in Italia?

La Medicina Narrativa è nelle nostre mani e nella nostra capacità individuale e di Gruppo di fare sistema e promuoverne la pratica nei servizi. Non solo e non soltanto per umanizzare, ché già questo sarebbe tanto, ma per risparmiare soldi e sofferenze inutili a malati ed operatori e migliorare davvero il sistema sanitario pubblico. Attuare interventi di Medicina Narrativa è creativo, divergente dalla logica quantitativa. Vuol dire sposare un approccio, un modo di fare salute generativo. Siamo noi il futuro della Medicina Narrativa. Se noi ci siamo, ci crediamo e abbiamo la capacità di ascoltarci-riconoscerci l’un/ l’altra-o nella stessa SIMEN,  e in tutte le altre organizzazioni in fieri o già attive, senza personalismi, presunte primogeniture, corone da re/regine della scientificità, atteggiamenti di sufficienza, snobismo radical chic, abbiamo già fatto un pezzo di strada sdrucciola, che apre a panorami importanti.

 Il Congresso di Ragusa ci ha reso consapevoli  della necessità di un cambio di passo, ma è  stata soprattutto l’opportunità notevole di creare l’agorà  di un sentire comune di tante teste e cuori diversi, ma non dispari. La capacità organizzativa e intellettuale del Gruppo che fa capo ad Antonio Virzì ci ha palesato l’enorme responsabilità che sta in capo a noi tutti: lavorare singolarmente nelle nostre organizzazioni, per produrre un bene immateriale ma plurale, convergente nella pratica della Medicina Narrativa.
A Milano prima, dove mi sono recata con un certo entusiasmo per migliorare la mia formazione, e a Ragusa poi, in occasione del Primo Congresso, ho avuto come l’impressione che molto, in ordine alla progettualità nella sua accezione più ampia (formazione, ricerca, pubblicazioni, informazione, etc.) fosse come già pensato, definito, e non abbisognasse di alcun sviluppo e contributo ulteriore, quasi fosse scritto sulla pietra. 
Sicuramente va riconosciuto a chi, in modo eccellente, ha introdotto ed ha fatto ricerca in Italia in Medicina Narrativa e a chi l’ha concretamente applicata, un grande merito per l’intelligente dedizione alla causa della MN. Tuttavia Ragusa ci ha dimostrato, con le decine di interventi, uno più interessante dell’altro, che il piatto non è ancora pronto per essere servito e forse (e per fortuna) non sarà mai pronto del tutto, perché altri ingredienti possono renderlo più appetitoso. Nella nostra capacità di sperimentare e avere coraggio tenendo conto di tutti gli elementi del Sistema Medicina Narrativa italiano, sta la nostra forza.
La mia regione, la Calabria, vive la morsa del piano di rientro e davvero i LEA, visti da qui sono una necessità impellente e urgente,   non una realtà, e questo nonostante l’oggettiva abnegazione degli operatori. 
Ci sono tuttavia, anche in questa parte d’Italia, tantissime piccole e medie realtà propulsive e innovative  in sanità. Non possiamo arrenderci e consegnarci al tecnicismo spinto e all'aridità dei numeri, pur vigilando sul malaffare e la corruzione che nella sanità italiana la fa da padrone . 
Anche questo Gruppo dell’ASP di Cosenza   intende dare, o almeno non si sottrae, a suo modo e con i suoi limiti, a fare la sua parte per assicurare un futuro di qualità condivisa  alla Medicina Narrativa italiana.
Siamo disponibili a confrontarci sulle nostre scelte metodologiche,  e  se il caso, rivisitarle per adeguare, rallentando o accelerando,  il nostro passo per il  cammino comune verso mete da individuare insieme.
Noi ci crediamo, ma non basta, abbiamo bisogno di  condividere questa certezza/volontà di fare ed essere il cambiamento in sanità. Lo dobbiamo alle comunità. Lo dobbiamo alle persone. Lo dobbiamo a noi stessi.

Quali letture che consiglieresti a chi si avvicina alla Medicina Narrativa?
Bateson G,Verso un’ecologia della mente, Adelphi, Milano,1976 
Bauman Z., La Società dell’incertezza, Il Mulino, Bologna,1999 
Bert G., Medicina Narrativa. Storie e parole nella relazione di cura, Il Pensiero Scientifico Editore, Roma, 2007
Celine F., Viaggio al termine della notte, Corbaccio, 1992
Charon R., Peter W., Narrative evidence based medicine, in Lancet, n.26, 2008


Membro del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Medicina Narrativa, Loredana Nigri è assistente sociale di formazione sistemico relazionale, scrittrice e saggista, docente universitaria e formatrice. Responsabile del  Servizio Sociale Professionale, del Settore Umanizzazione Percorsi assistenziali e Project leader Medicina Narrativa presso la ASP di Cosenza, per oltre venti anni, è stata impegnata sul fronte del contrasto alla povertà, alla violenza su donne, bambini e disabili. Più volte è stata protetta dalle Forze dell’Ordine per le minacce e intimidazioni subite.



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