Approccio narrativo alla salute: il report degli esperti della WHO - Regional Office for Europe
A cura di Francesca Memini
È stato pubblicato da pochi giorni “Cultural contexts of health: the use of narrative research in the health sector”, un importante documento commissionato dalla WHO - Regional Office for Europe sulla la ricerca narrativa.
Il report è l’esito del lavoro dell’HEN (Health Evidence Network) - task force di esperti che supporta i governi nell’utilizzare le migliori evidenze scientifiche per orientare le decisioni nella salute pubblica –volto a valutare quale contributo può offrire l’approccio narrativo, nella comprensione dei contesti culturali della salute.
La mancanza di attenzione sistematica alle componenti culturali – quell’insieme di abitudini, comportamenti, sistemi di significato propri di una comunità – è uno dei principali limiti della medicina scientifica, che potrebbe essere superato grazie a metodologie di ricerca narrativa.
Si suggerisce quindi di introdurre un utilizzo "giudizioso" dell’approccio narrativo – giudizioso perché consapevole dei suoi punti di forza e dei limiti - per indagare temi di salute su cui pesa particolarmente il contesto culturale, per un confronto tra culture diverse, per meglio comprendere i vissuti legati alla salute e agli stili di vita e, sulla base di questi, progettare e valutare le modalità di intervento.
Il report include una review, con metodologia ermeneutica, della letteratura sull’approccio narrativo, fornisce alcuni criteri per valutare la qualità di questo tipo di ricerca e presenta 3 case studies su 3 diverse aree tematiche: dieta e alimentazione, benessere, salute mentale dei rifugiati e richiedenti asilo. Il documento completo è scaricabile dal sito della WHO Europe
Tra i peer reviewers del report, insieme a Brian Hurwitz del King's College di Londra, c’è anche Maria Giulia Marini - epidemiologa e Responsabile delle Relazioni Internazionali di SIMeN, oltre che Direttore dell'Area Sanità e Salute della Fondazione ISTUD - che ha dichiarato:
“Questo documento è un piccolo seme che potrebbe avere una ricaduta significativa sui sistemi sanitari, coinvolgendo tutti i player del settore: da ora i metodi narrativi rientrano tra gli strumenti fondamentali per le policies di orientamento della Salute nell'Europa a 53 paesi. Questo traguardo non sarebbe stato possibile se non ci fosse stato lo sforzo e l'impegno di tutte le persone che nel mondo in questi vent'anni hanno creduto e credono nella medicina narrativa, non come strumento per fare spettacolo, ma come strumento di miglioramento delle cure. Il taglio di questo documento è molto rigoroso: è stata la strategia scelta per far sì che passi il messaggio principale che i metodi narrativi in sanità hanno una loro "metodologia" che non va vissuta in contrapposizione alla medicina dei numeri.”
Secondo il presidente della Società Italiana di Medicina Narrativa, professor Antonio Virzì: “L’importanza di questo report consta soprattutto nel riconoscimento da parte della comunità scientifica del valore e dell’utilità dell’approccio narrativo. Non si tratta più di ragionare in termini gerarchici o peggio dicotomici – quantitativo Vs. qualitativo; Evidence Based Vs. Narrative Based – ma di cogliere quali aspetti di un fenomeno complesso come la salute possono essere illuminati dai diversi tipi di approccio e, di conseguenza, in che modo possono essere utili nell’orientare le scelte”.
“Inoltre – ha aggiunto - il coinvolgimento di Maria Gulia Marini, a fianco di Trisha Greenhalgh e Brian Hurwitz, due tra i maggiori esperti e portavoce della narrative-based medicine a livello mondiale - è per noi motivo di orgoglio oltre che una conferma che il lavoro svolto in Italia nell’ambito della Medicina Narrativa, con metodologie rigorose e approccio scientifico, sta cominciando a dare i suoi frutti (e a ricevere riconoscimenti) anche a livello internazionale”.
Secondo Stefania Polvani, presidente eletto di SIMeN, “una delle conclusioni del report, è la necessità di una formazione specifica ed adeguata per i ricercatori. L’autrice, Trisha Greenhalgh, mette in guardia da un approccio ingenuo alle storie: come non è possibile pensare di occuparsi di epidemiologia senza conoscere la statistica, allo stesso modo non è possibile occuparsi di ricerca narrativa senza conoscerne i presupposti teorici e le metodologie, dalle interviste narrative alle etnografie. Per la SIMeN questo si traduce nell’esigenza di garantire una formazione di qualità”.